Apparato digerente possibile via di trasmissione COVID-19

SARS-Cov-2 e polmoni, ma non solo. Sempre più evidenze supportano l’ipotesi che anche l’apparato digerente, ileo e colon in particolare, sia un target del virus.

SARS-Cov-2 e polmoni, ma non solo. Sempre più evidenze supportano l’ipotesi che anche l’apparato digerente, ileo e colon in particolare, sia un target del virus.

Dallo scorso dicembre, l’infezione da coronavirus SARS-Cov-2 (COVID-19) è diventata di interesse mondiale data la sua rapida diffusione. Individuarne perciò il target nonché la via di trasmissione per contenerne la propagazione è stato l’obiettivo di molti studi pubblicati in questi mesi.

Trattandosi essenzialmente di un’infezione alle vie aeree superiori con conseguente difficoltà respiratoria, tosse secca, dispnea, il primo bersaglio cercato e identificato è stato nei polmoni. Non solo. Sempre più certo come target è anche l’apparato digerente, ileo e colon in particolare.

Oltre alla sintomatologia gastroenterica manifestata dal 2-10% dei pazienti con vomito, diarrea e/o dolore addominale (anche prima della comparsa di febbre e disturbi respiratori) c’è un altro dato importante: il ritrovamento di RNA virale in campioni fecali. Tale ipotesi è stata confermata anche a livello genetico da Zhang et al. attraverso l’analisi di cinque dataset genomici relativi a cellule presenti in polmoni, esofago, mucosa gastrica, ileo e colon, in un recente studio uscito sulla rivista GUT.

Sin dalle prime fasi della pandemia, il recettore enzimatico di conversione dell’angiotensina 2 (ACE2) è stato identificato come principale target virale. A questo si aggiunge il recettore TMPRSS2 (transmembrane serine protease 2). Mentre ACE2 è necessario al virus per l’entrata nelle cellule dell’ospite, il secondo ne permette la replicazione. Una loro co-espressione è perciò critica per lo sviluppo dell’infezione.

Nonostante l’apparato respiratorio superiore resti la prima via di contagio e infezione, tale condizione non si verifica soltanto nelle cellule alveolari di tipo 2 (AT2), AT1 e fibroblasti polmonari.

ACE2 e TMPRSS2 sono infatti abbondantemente co-espressi anche nell’epitelio superiore e nelle ghiandole esofagee oltre che negli enterociti di assorbimento in ileo e colon.

L’espressione di ACE2 nello stomaco è invece scarsa, mentre è abbondante quella di TMPRSS2 nelle GMCs (Ganglion mother cells), nelle PMCs (primary mesenchyme cells) e nelle cellule principali gastriche (chief cells).

La sintomatologia in sede intestinale potrebbe quindi essere associabile a un’invasione extra-polmonare del virus. Sebbene i meccanismi mediante i quali SARS-CoV-2 induce disturbi enterici rimangono poco chiari, il coinvolgimento gastrointestinale e la potenziale trasmissibilità oro-fecale sembrerebbero confermati.

Studi precedenti hanno inoltre dimostrato come pazienti negativi al virus a livello polmonare, siano risultati positivi alla ricerca virale nelle feci suggerendo una prolungata permanenza del virus nell’intestino con conseguente aumento del rischio di trasmissione inconsapevole.

Nella gestione di prevenzione e cura dell’infezione – sottolineano nelle conclusioni gli autori della pubblicazione – dovrebbe quindi essere considerata anche la sede gastrointestinale, non solo quella polmonare con ripercussioni sull’health policy setting degli ospedali che ospitano pazienti Covid-19.

 

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